
“Feng Huang era sul tetto del palazzo con lo sguardo rivolto verso l’alto. La pioggia incessante di quella domenica sera tamburellava sulle larghe falde del cappuccio del suo impermeabile giallo e a rivoli correva copiosa sul suo volto.
L’ennesima telefonata di quell’uomo gli aveva confermato che quella sera un elicottero avrebbe ritirato la cassa alle ventidue. Ricontrollò l’orologio e si accorse che l’orario dell’appuntamento era passato da oltre quindici minuti. La luce diffusa, forse riflessa dalle gocce di pioggia, generava un alone innaturale, interrotto solamente dal buio intenso dell’orizzonte in direzione est, dove la densità di popolazione della città prefettura di Thaizhou scemava fino ad azzerarsi in prossimità del Mar Cinese Orientale.
Da oltre sei mesi lavorava senza sosta a questo progetto e ora si sentiva stanco, ma allo stesso tempo emozionato e sollevato per la fine di quella brutta storia. La voce metallica gli aveva confermato che avrebbe raggiunto nuovamente la sua famiglia, rapita a titolo estorsivo a inizio marzo. La cassa in plastica nera conteneva quanto commissionato ed era pronta per essere caricata sull’elicottero. “Se solo quello stramaledetto velivolo si spicciasse ad arrivare”, pensò.”